Spari nel parco cittadino e nuove norme pro-caccia: le nostre aree verdi si trasformano nel Far West.

Il nuovo anno è cominciato con un fatto agghiacciante che ha acceso ulteriori riflettori su un problema sempre più grave, quello della caccia indiscriminata nelle aree verdi della nostra città.

La mattina del 21 gennaio del 2025, sulle rive del Sangone, in prossimità del Mausoleo della Bella Rosin, si sono uditi forti colpi di fucile: cinghiali in fuga hanno invaso strada Castello di Mirafiori, seguiti da cittadini terrorizzati che cercavano di scappare insieme agli animali.

Una passante, presente nel parco con il suo cane, ha descritto l’episodio come un incubo, aggiungendo che “sembrava di stare nel Far West”.

Quello che avrebbe dovuto essere un intervento mirato per “contenere” la popolazione di cinghiali, si è trasformato in un episodio che ha lasciato basiti i presenti e fatto discutere anche a livello politico.

Secondo quanto riportato, un gruppo di cacciatori autorizzati dalla polizia locale della Città Metropolitana ha abbattuto 15 cinghiali nel parco del Boschetto di Nichelino. L’operazione è stata organizzata su richiesta del Comune.

Tuttavia, il risultato è stato un intervento caotico e pericoloso, che ha scatenato panico tra i presenti, trasformando un luogo di svago e tranquillità in una scena da film horror.

Questo episodio rappresenta l’ennesima dimostrazione di quanto la caccia sia pericolosa, non solo per gli animali, ma anche per le persone.

Le aree verdi, che dovrebbero essere luoghi di pace e rifugio, si trasformano in zone di conflitto, dove la paura e il rischio di incidenti sono diventati una realtà quotidiana.

La caccia: un problema di sicurezza pubblica e di etica

La caccia in Italia è regolata dalla legge n. 157/92 “Norme per la protezione della fauna omeoterma e prelievo venatorio”, ma gli incidenti dimostrano che i controlli sono insufficienti e la normativa (soprattutto dopo le ultime modifiche) troppo permissiva.

Secondo i dati dell’Associazione Vittime della Caccia, ogni anno si registrano decine di episodi tragici, con ferimenti e morti, spesso coinvolgendo cittadini ignari, bambini e gli stessi cacciatori.

La città metropolitana di Torino, con i suoi vasti boschi e aree verdi, è uno dei territori dove il rischio legato alla caccia è particolarmente alto.

Questo problema non è solo una questione di sicurezza, ma di etica: è ancora accettabile, nel 2025, giustificare la violenza contro la fauna selvatica e mettere a rischio vite umane per uno “sport”?

Noi del Partito Animalista Italiano di Torino ribadiamo, in occasione di questo drammatico evento, che episodi come questi non possono essere ignorati.

Non possiamo permettere che i cittadini si trovino in pericolo durante una semplice passeggiata.

La caccia, ormai, rappresenta un problema sistemico che richiede soluzioni urgenti e concrete.”

Nuove norme pro-caccia: una legge di bilancio pericolosa

La Legge di Bilancio 2025, approvata recentemente, ha introdotto modifiche alla normativa sulla caccia che hanno suscitato indignazione e preoccupazione tra associazioni animaliste e cittadini. Tra le novità più controverse:

  • Specie protette nel mirino: un emendamento consente la caccia a specie precedentemente protette. Questo mette a rischio la biodiversità, già gravemente compromessa.

 

  • Limitazioni ai ricorsi legali: i tempi per impugnare i calendari venatori sono stati ridotti a soli 30 giorni, rendendo più difficile per le associazioni ambientaliste intervenire contro decisioni discutibili.

 

  • Caccia anche in situazioni di emergenza ambientale: le nuove norme permettono di continuare la caccia nonostante gravi rischi per la biodiversità, ignorando il principio di precauzione sancito dalla Costituzione.

Secondo noi queste modifiche rappresentano un grave passo indietro.

“Questa legge di bilancio non fa che alimentare una cultura di violenza e sfruttamento, tradendo i principi di rispetto per l’ambiente e la sicurezza pubblica. Proteggere la biodiversità è una priorità costituzionale, ma con queste normative la stiamo ignorando”

Episodi di inefficienza: il caso della rete anti-cinghiali

Un altro esempio di gestione fallimentare è rappresentato dalla rete anti-cinghiali installata lungo il confine tra Piemonte e Liguria. Lunga 260 chilometri e costata 10 milioni di euro, questa infrastruttura avrebbe dovuto contenere la diffusione della peste suina africana.

Tuttavia, si è rivelata un fallimento: i cinghiali continuano a superare la barriera, dimostrando l’inefficacia del progetto.

Di fronte a questo disastro, le autorità hanno deciso di affidarsi alla caccia per ridurre la popolazione di cinghiali, soluzione non sostenibile e che non risolve il problema, anzi rischia di peggiorarlo.

I cacciatori hanno più volte dimostrato la loro inefficacia, oltre che crudeltà e sprezzo delle più basilari norme di sicurezza.

Eppure, altrove, gli esempi virtuosi esistono!

Esempi virtuosi di gestione della fauna: dall’Italia al resto del mondo

Non tutte le regioni italiane e i Paesi europei scelgono di affrontare la gestione della fauna selvatica con metodi distruttivi e violenti.

Esistono esempi virtuosi che dimostrano come sia possibile convivere con gli animali in modo etico e sostenibile, adottando soluzioni basate sulla scienza e sul rispetto per la biodiversità.

In alcune regioni italiane, negli ultimi anni, sono partiti progetti pilota per la gestione dei cinghiali che hanno visto l’introduzione di sistemi di dissuasione non letali, come barriere artificiali monitorate e repellenti naturali, oltre alla promozione di corridoi ecologici che hanno limitato il conflitto tra animali e attività umane.

Questi metodi hanno permesso una riduzione significativa delle incursioni dei cinghiali nei centri abitati senza ricorrere alla caccia indiscriminata.

Altri esempi virtuosi che riguardano anche altre specie, come colombi e volpi, hanno dimostrato che il controllo delle nascite tramite sterilizzazioni selettive, unito a programmi di educazione ambientale, ha portato a un calo naturale della popolazione.

Questi approcci sostenibili, finanziati anche da fondi europei, coinvolgono spesso le scuole, per sensibilizzare i più giovani al valore della biodiversità.

A livello internazionale, la Germania rappresenta uno dei modelli più avanzati di gestione faunistica. Qui, la caccia è regolata da normative estremamente rigide che si basano su piani scientifici.

La protezione delle specie è al centro di queste politiche: ad esempio, i cacciatori devono seguire corsi di formazione obbligatori che includono lezioni sull’ecologia e sulla salvaguardia degli habitat.

Inoltre, vengono promossi incentivi per il ripristino degli ecosistemi, come la riforestazione e la creazione di zone umide, che offrono rifugio e risorse per la fauna selvatica.

Anche i Paesi Bassi adottano un approccio innovativo e rispettoso: qui la caccia è limitata a pochissime specie, e soltanto in casi documentati di emergenza.

La gestione della fauna si basa principalmente su interventi preventivi, come la modifica degli habitat per scoraggiare la presenza di animali in aree sensibili, e sulla somministrazione di vaccini per il controllo delle malattie.

Un esempio straordinario arriva anche dalla Nuova Zelanda, dove la lotta alle specie invasive che minacciano la fauna endemica è stata affrontata attraverso progetti di rewilding.

Questo approccio mira a ripristinare gli ecosistemi originari, riducendo il bisogno di interventi umani diretti.

Il progetto “Predator Free 2050” è un piano nazionale che ha coinvolto comunità locali, scienziati e governi per eradicare specie invasive attraverso metodi non cruenti, dimostrando che la cooperazione può generare risultati straordinari.

Questi esempi ci trasmettono una chiara lezione: la gestione della fauna selvatica non richiede necessariamente violenza e distruzione.

Con un approccio scientifico, collaborativo e basato sul rispetto per gli animali, è possibile affrontare le sfide ambientali in modo etico ed efficace.

Torino e il Piemonte, con la loro lunga tradizione di tutela ambientale e il forte attivismo animalista, potrebbero ispirarsi a questi modelli per ripensare radicalmente le politiche sulla fauna.

La posizione del Partito Animalista Italiano di Torino: No alla Caccia!

Il Partito Animalista Italiano (PAI) di Torino ha da tempo proposto un cambio di paradigma nella gestione della fauna selvatica.

Nei punti 2 e 6 del nostro programma, pubblicato sul blog Elezioni Torino, evidenziamo la necessità di abolire la caccia sul territorio torinese.

Torino, i suoi cittadini e gli animali che popolano i nostri boschi e parchi si meritano soluzioni innovative e sostenibili, che non sia un pericolo per la sicurezza pubblica.

“Torino può diventare un modello nazionale di convivenza etica e sostenibile con la fauna.

Non permettere l’attività venatoria nella nostra città, non è solo un dovere morale, ma una necessità per garantire la sicurezza dei cittadini e proteggere l’ambiente.”

Un appello alla politica e ai cittadini: un futuro senza caccia è possibile!

Torino deve prendere esempio dai modelli virtuosi e adottare politiche che rispettino la vita in tutte le sue forme.

Le istituzioni locali e nazionali hanno il dovere di ascoltare i cittadini: oltre il 70% degli italiani, secondo Eurispes, si oppone alla caccia.

L’episodio degli spari nel parco cittadino e il fallimento della rete anti-cinghiali sono segnali chiari che richiedono un cambio di rotta.

Torino ha l’opportunità di diventare un esempio di progresso etico, adottando politiche che mettono al centro la sicurezza dei cittadini e il rispetto per la fauna selvatica.

Torino ha le potenzialità per guidare un cambiamento culturale e politico che porti a una società più giusta e compassionevole.

Abbandonare la caccia non significa solo proteggere gli animali, ma anche garantire un ambiente sicuro per i cittadini e le future generazioni.

Per approfondire questi temi, invitiamo tutti i lettori a seguire il blog Elezioni Torino.

Ogni azione conta, ogni scelta può fare la differenza.

Un voto consapevole alle prossime elezioni politiche può salvare una vita.

È il momento di agire per un futuro senza caccia.

#VotoConsapevole

#NoCaccia

Sicurezza a Torino: nel 2024 ci piazziamo al 5° posto della classifica delle città più pericolose.

La sicurezza urbana è da sempre una delle priorità fondamentali per i cittadini di Torino.

Recenti avvenimenti e dichiarazioni hanno riportato al centro del dibattito pubblico l’importanza di affrontare le sfide legate alla sicurezza in modo serio e strutturato.

Secondo l’Indice della Criminalità 2024 de Il Sole 24 Ore, le prime dieci città italiane per numero di reati denunciati ogni 100.000 abitanti sono:

  1. Milano: 7.093,9 denunce ogni 100.000 abitanti.
  2. Roma: 6.071,3 denunce ogni 100.000 abitanti.
  3. Firenze: 6.053,8 denunce ogni 100.000 abitanti.
  4. Rimini: 6.002,8 denunce ogni 100.000 abitanti.
  5. Torino: 5.685,1 denunce ogni 100.000 abitanti.
  6. Bologna: 5.539,3 denunce ogni 100.000 abitanti.
  7. Prato: 4.887,9 denunce ogni 100.000 abitanti.
  8. Imperia: 4.838,5 denunce ogni 100.000 abitanti.
  9. Venezia: 4.825,1 denunce ogni 100.000 abitanti.
  10. Livorno: 4.743,9 denunce ogni 100.000 abitanti.

Secondo la classifica de Il Sole 24 Ore, quindi, nel 2024 Torino si posiziona al quinto posto tra le città più pericolose d’Italia, con 5.685,1 denunce ogni 100.000 abitanti.

Se scendiamo nel dettaglio delle tipologie di reato, ci distinguiamo per furti e rapine:

  • rapine in esercizi commerciali – primo posto
  • truffe e frodi informatiche – primo posto
  • danneggiamenti – primo posto
  • furto con strappo – terzo posto
  • rapine – quinto posto
  • furti – sesto posto

Sicurezza e vivibilità: una sfida complessa

Torino, come molte altre grandi città italiane, affronta sfide crescenti legate alla microcriminalità, al degrado urbano e alla percezione di insicurezza.

La presenza di fenomeni come lo spaccio di droga, il vandalismo e la piccola delinquenza non solo mette a rischio la sicurezza reale dei cittadini, ma erode anche il senso di fiducia nella capacità delle istituzioni di garantire un ambiente sicuro.

Le periferie torinesi sono spesso indicate come aree particolarmente critiche.

Tuttavia, anche alcune zone del centro cittadino, presentano problematiche legate al traffico di droga e alla criminalità.

Questi quartieri, spesso caratterizzati da una mancanza di servizi e spazi pubblici ben curati, diventano terreno fertile per attività illecite.

Secondo un recente rapporto, quasi il 30% degli italiani considera la microcriminalità uno dei problemi principali del proprio quartiere, un dato che rispecchia chiaramente la situazione di Torino.

La sicurezza urbana nel programma del PAI per le elezioni di Torino 2026

Il Partito Animalista Italiano (PAI) di Torino ha incluso la sicurezza nel proprio programma come uno dei punti chiave per le elezioni cittadine del 2026.

Questo approccio si basa sull’idea che la sicurezza non sia un tema isolato, ma debba essere affrontata in un quadro di politiche integrate che comprendano la tutela dell’ambiente, la rigenerazione urbana e il rispetto per ogni forma di vita.

Nel programma del PAI, disponibile sul blog Elezioni Torino, si sottolinea come una città sicura sia una città più verde, inclusiva e rispettosa di tutti gli esseri viventi.

“La sicurezza è un diritto fondamentale ma deve essere garantita con interventi intelligenti, che mettano al centro il benessere della comunità, umana e non. È impensabile costruire una città sicura senza affrontare anche il degrado ambientale e sociale che spesso alimenta la criminalità.”

PAI TORINO

Esempi di buone pratiche: lezioni dall’Italia e dall’Europa

Torino può guardare ad altre città italiane ed europee per trovare ispirazione su come affrontare in modo efficace le sfide legate alla sicurezza urbana:

  • Barcellona e la polizia di prossimità
    Barcellona ha implementato un modello di “polizia di prossimità”, con agenti che operano in modo continuativo nei quartieri, costruendo un rapporto di fiducia con i cittadini. Questo approccio ha portato a una riduzione significativa dei reati minori e a un miglioramento della percezione di sicurezza.

 

  • Parigi e la riqualificazione urbana
    Parigi ha investito massicciamente nella riqualificazione delle aree degradate, trasformandole in spazi verdi e attrattivi per famiglie e giovani. Questo tipo di intervento non solo riduce il degrado urbano, ma crea anche un senso di comunità che scoraggia la criminalità.

 

  • Amsterdam e la prevenzione sociale
    Amsterdam si distingue per i suoi programmi di prevenzione sociale, che coinvolgono scuole, associazioni locali e servizi sociali nel monitoraggio dei giovani a rischio e nella promozione di attività culturali e sportive. Questo modello ha dimostrato di essere particolarmente efficace nel ridurre il vandalismo e la delinquenza giovanile.

 

  • Londra e le telecamere di sorveglianza
    Londra ha implementato un sistema di sorveglianza avanzato con telecamere distribuite strategicamente in tutta la città. Sebbene questo approccio sollevi questioni di privacy, i risultati in termini di deterrenza e individuazione dei reati sono stati significativi.

Proposte per una Torino più sicura

Torino ha tutte le potenzialità per diventare un modello di sicurezza urbana in Italia, ma è necessario un intervento deciso e coordinato. Ecco alcune proposte concrete che arrivano dal Partito Animalista di Torino e da altre realtà associative del territorio:

  1. Aumento della presenza delle forze dell’ordine e la polizia di quartiere
    Aumento della presenza delle forze dell’ordine nelle aree più critiche delle città e introduzione di unità di polizia dedicate ai singoli quartieri, con un focus particolare sulle aree periferiche. Questo approccio favorirebbe una presenza costante e rassicurante delle forze di polizia.
  2. Rigenerazione urbana
    Investire nella riqualificazione delle aree degradate, creando spazi verdi, illuminazione adeguata e infrastrutture per il tempo libero. Un ambiente curato riduce il senso di abbandono e scoraggia la criminalità.
  3. Collaborazione con la cittadinanza
    Promuovere iniziative di coinvolgimento comunitario, come assemblee di quartiere e programmi di volontariato, per rafforzare il senso di appartenenza e responsabilità collettiva.
  4. Tecnologie avanzate
    Implementare tecnologie innovative, come app per la segnalazione di attività sospette e sistemi di monitoraggio ambientale, per migliorare la capacità di prevenzione e intervento.
  5. Educazione e prevenzione
    Avviare programmi educativi nelle scuole per sensibilizzare i giovani sui temi della legalità e del rispetto reciproco, prevenendo così comportamenti a rischio.

Un invito all’azione per tutti

La sicurezza è una priorità per i cittadini torinesi, ma richiede un impegno collettivo e strategie innovative per essere garantita.

Il Partito Animalista di Torino, anche in previsione delle future elezioni comunali del 2026, insieme ad altre realtà ambientaliste e animaliste della città, si impegna a promuovere politiche che coniughino sicurezza, sostenibilità e rispetto per tutti gli esseri viventi.

Torino ha la possibilità di trasformarsi in un esempio virtuoso di città sicura e inclusiva, ma per farlo è necessario che i cittadini e le istituzioni lavorino insieme.

E’ necessario che il voto sia consapevole. E’ necessario che l’elettore sia pronto a dare fiducia a chi ha a cuore la città di Torino e tutti gli esseri viventi che la popolano.

Vi invitiamo a seguire il blog Elezioni Torino per rimanere aggiornati sulle proposte e i programmi dei partiti che mettono al centro la sicurezza e la qualità della vita.

“Il cambiamento è possibile, ma dipende da ognuno di noi.”

#SicurezzaTorino #PrimaGliIndifesi

Inquinamento atmosferico a Torino: un allarme smog che non può essere ignorato. La nuova Direttiva Europea sulla qualità dell’aria.

Torino è una città che porta con sé una storia gloriosa, ma anche un’eredità pesante: l’inquinamento atmosferico.

Con l’entrata in vigore della nuova direttiva europea sulla qualità dell’aria, che mira a ridurre drasticamente i limiti di inquinanti come il particolato fine (PM2.5 e PM10) e il biossido di azoto (NO2), la città si trova sotto una lente d’ingrandimento.

Anni di superamenti costanti dei limiti consentiti mettono in evidenza una realtà drammatica: l’aria che respiriamo è stata fuorilegge per anni.

La nuova Direttiva UE e l’aria “fuorilegge” di Torino

La nuova normativa europea stabilisce obiettivi più ambiziosi per la qualità dell’aria, prevedendo una riduzione significativa dei limiti degli inquinanti entro il 2030.

La nuova direttiva europea può essere consultata integralmente qui (Eur Lex).

In sintesi, la nuova Direttiva (UE) 2024/2881, adottata il 23 ottobre 2024, stabilisce standard più rigorosi per la qualità dell’aria nell’Unione Europea, con l’obiettivo di avvicinarsi ai valori guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e di raggiungere l’inquinamento zero entro il 2050.

Obiettivi principali della direttiva:

  • Riduzione dei limiti degli inquinanti entro il 2030: il valore limite annuale per il particolato fine (PM2,5) sarà ridotto da 25 µg/m³ a 10 µg/m³ (Consiglio dell’Unione Europea). Il valore limite annuale per il biossido di azoto (NO₂) sarà abbassato da 40 µg/m³ a 20 µg/m³ (Consiglio dell’Unione Europea).
  • Monitoraggio e valutazione: miglioramento delle metodologie di monitoraggio e modellizzazione della qualità dell’aria per garantire dati più accurati e affidabili.
  • Piani d’azione: gli Stati membri dovranno elaborare tabelle di marcia per la qualità dell’aria entro il 2028, delineando le misure necessarie per raggiungere i nuovi standard entro il 2030 (Consiglio dell’Unione Europea).
  • Accesso alla giustizia e risarcimenti: i cittadini avranno il diritto di chiedere e ottenere un risarcimento quando la loro salute è stata danneggiata a causa della violazione delle norme sulla qualità dell’aria stabilite dalla direttiva.

Per Torino, che già oggi fatica a rispettare gli standard attuali, questa rappresenta una sfida gigantesca.

La città, situata in una delle aree più inquinate d’Europa, la Pianura Padana, è costantemente esposta a livelli di inquinamento che superano quelli considerati sicuri per la salute umana e ormai fuori norma secondo i livelli della nuova direttiva europea – qui i livelli di inquinamento dell’aria in città.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il PM2.5 è responsabile di gravi problemi respiratori e cardiovascolari, con un impatto devastante sulla popolazione più vulnerabile, come anziani e bambini.

A Torino, i dati confermano che queste fasce della popolazione sono le più colpite, con un aumento di malattie croniche e ricoveri ospedalieri.

Le conseguenze dell’inquinamento dell’aria in Italia e a Torino

L’inquinamento atmosferico rappresenta una grave emergenza sanitaria in Italia. Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), nel 2020 si sono registrati almeno 238.000 decessi prematuri nell’UE attribuibili all’esposizione al particolato fine (PM2,5) – European Environment Agency’s home page.

Nel 2022, l’Italia ha registrato circa 48.600 morti premature attribuibili all’esposizione al PM2,5, con un tasso di 113 decessi ogni 100.000 abitanti – Inquinamento – Morti premature.

Questo dato posiziona il Paese tra quelli con il più alto numero di decessi legati all’inquinamento dell’aria in Europa.

Nonostante una riduzione del 45% dei decessi dal 2005 al 2022, sono necessari ulteriori sforzi per raggiungere l’obiettivo europeo di riduzione del 55% entro il 2030 – Regioni e Ambiente, inquinamento atmosferico.

L’inquinamento atmosferico rimane una sfida significativa per la salute pubblica in Italia.

A Torino, l’inquinamento dell’aria è particolarmente preoccupante.

Le aree centrali registrano livelli elevati di biossido di azoto (NO₂), principalmente a causa del traffico intenso.

Anche le zone periferie soffrono di una qualità dell’aria pessima, aggravata dalla mancanza di spazi verdi e dalla presenza di attività industriali.

I dati rilevati dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Piemonte (ARPA) mostrano che le concentrazioni di PM10 e NO₂ spesso superano i limiti consentiti, con conseguenti rischi per la salute dei cittadiniComune di Torino – livelli inquinamento aria.

Oltre ai costi umani, l’inquinamento genera un impatto economico significativo.

Secondo il recente rapporto del Centre for Research on Energy and Clean Air, le spese sanitarie legate all’inquinamento atmosferico in Italia superano i 60 miliardi di euro all’anno, una cifra che include ricoveri, cure mediche e giornate lavorative perse – Liberta.it – costi sociali.

È fondamentale affrontare con urgenza questa crisi ambientale e sanitaria, implementando politiche efficaci per ridurre le emissioni inquinanti e migliorare la qualità dell’aria nelle aree urbane.

Cosa fare per cambiare rotta?

Torino ha bisogno di un piano d’azione immediato e ambizioso per affrontare questa emergenza.

La politica locale, nazionale ed europea deve agire con urgenza per garantire un’aria più pulita per tutti.

Trasporto sostenibile

La città deve puntare sul potenziamento del trasporto pubblico e sulla promozione di mezzi di trasporto sostenibili.

L’introduzione di linee di autobus elettrici, il miglioramento della rete ciclabile e l’incentivazione dell’uso di veicoli a basse emissioni sono passi fondamentali.

Verde pubblico

Gli spazi verdi non sono solo decorativi: sono polmoni vitali per le città.

Torino deve investire nella creazione e nella manutenzione di parchi e aree verdi, soprattutto nelle periferie, dove la densità di popolazione e il traffico generano livelli di inquinamento più elevati.

Promozione di stili di vita sostenibili

L’inquinamento atmosferico non dipende solo dal traffico: le scelte alimentari, le abitudini di consumo e il riscaldamento domestico contribuiscono significativamente.

Educare i cittadini all’adozione di stili di vita sostenibili, come una dieta plant-based e l’uso di energie rinnovabili, può fare la differenza.

Il ruolo della politica: un appello ai candidati e alle istituzioni

Il cambiamento deve partire dalla politica. Le prossime elezioni comunali di Torino rappresentano un’opportunità per scegliere rappresentanti che mettano al centro del loro programma la lotta all’inquinamento atmosferico.

Il blog Elezioni Torino, si impegna a monitorare i programmi politici dei vari partiti e movimenti ambientalisti ed animalisti, per analizzare chi realmente propone soluzioni concrete e chi, invece, si limita a slogan vuoti.

In questo contesto, il Partito Animalista Italiano (PAI) rappresenta una voce chiara e decisa. Nel programma del PAI di Torino, già pubblicato sul nostro blog, la qualità dell’aria è un tema centrale.

Ai punti 3 – 4 – 5 del programma, il partito propone misure specifiche per ridurre l’inquinamento dell’aria a Torino, includendo il potenziamento del trasporto pubblico elettrico (con riduzione del costo dei biglietti), ampliando la rete di autobus e tram a basse emissioni e promuovendo un sistema di car sharing accessibile.

 

Per approfondire:

La scelta del voto consapevole

La lotta all’inquinamento atmosferico non è solo una battaglia per l’ambiente: è una battaglia per il nostro futuro.

Torino può diventare un modello di sostenibilità urbana, ma solo se le istituzioni e i cittadini collaborano per adottare soluzioni ambiziose e durature.

Invitiamo i cittadini torinesi a fare una scelta consapevole alle prossime elezioni comunali.

Sostenere chi ha a cuore il benessere della comunità e dell’ambiente significa costruire una città più vivibile per tutti, oggi e domani.

Qui altri articoli sul tema dell’inquinamento dell’aria a Torino e altri link utili:

Mal’Aria in città: il processo contro gli ex sindaci di Torino

Siccità, maltempo e cambiamento climatico: una minaccia reale per la metropoli torinese

Qualità dell’aria in Piemonte 

La nuova direttiva europea sulla qualità dell’aria – riassunto esplicativo

Ambiente e non solo – Morti premature e anni di vita persi.

Seguici su Elezioni Torino per aggiornamenti e analisi sui programmi politici legati alla sostenibilità, alla qualità dell’aria e alla salute pubblica.

Caccia: più di 7 italiani su 10 non la vogliono. Il Piemonte riparte dalle decisioni del TAR.

La sospensione dell’attività venatoria in Piemonte da parte del TAR nell’ottobre del 2024 ha rappresentato un momento cruciale nella tutela della fauna selvatica e della biodiversità regionale.

La decisione, inizialmente accolta come un passo significativo verso un cambiamento nelle politiche ambientali, è stata motivata dalla mancata revisione del Piano Faunistico Venatorio, che non tiene conto degli impatti del cambiamento climatico e delle trasformazioni ambientali sul territorio.

Alcune specie già gravemente minacciate, come la moretta, la pernice bianca, la coturnice, il fagiano di monte e l’allodola, sono state al centro dell’attenzione per il loro stato di grave declino.

Queste specie, già provate dalla perdita di habitat e dalle condizioni climatiche estreme, rischiano l’estinzione senza interventi tempestivi e rigorosi.

La vicenda ha però avuto sviluppi controversi: la Regione Piemonte ha ottenuto dal TAR un parziale ripristino dell’attività venatoria per alcune specie, giustificandolo con la presunta conformità del Piano Faunistico Venatorio attuale.

Si riaprirà quindi la caccia al fagiano di monte e alla coturnice, mentre la caccia alla moretta sarà possibile senza attendere alcun provvedimento regionale. L’attività venatoria per tutte le altre specie prosegue secondo le modalità indicate nel calendario venatorio regionale 2024-25.

Questa posizione ha suscitato critiche aspre da parte delle associazioni ambientaliste e animaliste, che denunciano la mancanza di una visione aggiornata e responsabile della gestione della fauna.

Il mancato aggiornamento del piano, richiesto da tempo, è stato considerato da molti come una grave negligenza, specialmente in un momento storico in cui le minacce antropiche alla biodiversità animale e vegetale e il cambiamento climatico stanno aggravando la situazione generale.

Siamo al paradosso

  • Da un lato, associazioni come “Caccia Libera” hanno difeso a spada tratta l’attività venatoria, affermando che “la caccia non si può fermare”. Queste recriminazioni hanno trovato terreno fertile nella Giunta di centro – destra della Regione Piemonte. L’assessore all’agricoltura, Paolo Bongioanni, infatti, dopo l’ultimo accoglimento del TAR, ha espresso: “soddisfazione per una decisione tempestiva che conferma le scelte della Regione e va incontro al mondo venatorio”.

 

  • Dall’altro, la popolazione italiana si dimostra sempre più contraria alla caccia: secondo l’ultimo Rapporto Eurispes 2024, più del 70% degli italiani è contrario a questa pratica crudele e anacronistica. Questo scollamento tra la volontà popolare e le politiche regionali mette in luce una problematica più ampia: l’incapacità di alcune istituzioni di rispondere alle mutate sensibilità sociali e alle sfide ambientali contemporanee.

Tutta questa vicenda ha evidenziato le criticità legate alla protezione della fauna selvatica, che si trova a dover affrontare pressioni sempre maggiori.

Il cambiamento climatico sta alterando profondamente gli ecosistemi, costringendo molte specie a spostarsi o a vivere in condizioni limite.

La mancanza di azioni concrete non solo rischia di impoverire ulteriormente il patrimonio naturale del Piemonte, ma rappresenta anche un pericolo per l’equilibrio ecologico dell’intera regione.

In questo contesto, l’articolo 9 della Costituzione italiana, che sancisce la tutela dell’ambiente, degli animali e della biodiversità, appare più che mai un richiamo urgente.

Tuttavia, la sua applicazione concreta si scontra con resistenze politiche e interessi consolidati, impedendo l’adozione di misure che possano davvero garantire la sopravvivenza della fauna selvatica.

La domanda che emerge da questa vicenda è cruciale: come può una Regione, nel 2024, ignorare la necessità di riformare pratiche che mettono a rischio non solo la natura e la biodiversità, ma anche la sicurezza e il benessere delle persone?

Caccia e ambiente: un’eredità tossica per la natura e l’uomo

La caccia, oltre a rappresentare una minaccia diretta per la fauna selvatica, lascia un segno profondo e indelebile sull’ambiente. Le cartucce al piombo, ancora ampiamente utilizzate, rilasciano sostanze altamente tossiche nel suolo e nelle acque, trasformando ecosistemi vitali in zone contaminate.

Questa scia non si ferma: si accumula nella catena alimentare, avvelenando gli animali acquatici e i predatori che si nutrono di carogne, e infine raggiunge gli esseri umani, con effetti potenzialmente nocivi sulla salute.

Le aree di caccia diventano così luoghi di pericolo diffuso, compromettendo non solo la fauna locale ma anche l’integrità delle foreste e delle zone rurali circostanti.

Il piombo, una volta rilasciato, contamina il terreno per decenni, contribuendo al degrado di ecosistemi già messi a dura prova dal cambiamento climatico e dalla perdita di habitat.

Le specie che abitano il Piemonte – dalle pernici bianche alle morette, dai fagiani di monte alle coturnici – rappresentano un patrimonio inestimabile non solo per la biodiversità regionale, ma per l’intero equilibrio naturale.

Ogni singolo animale è una tessera insostituibile di un mosaico complesso che regola la vita sul nostro pianeta. La caccia, tuttavia, continua a depauperare questo patrimonio, minacciando specie già in declino e accelerando un processo di estinzione che avrà conseguenze irreversibili.

SICUREZZA PUBBLICA

Non è solo la fauna a subire gli effetti devastanti di questa pratica: la caccia influisce anche sulla sicurezza pubblica. Ogni anno, numerosi incidenti – spesso tragici – coinvolgono cacciatori e cittadini che si trovano nei pressi delle zone di caccia.

Negli ultimi dieci anni, in Italia, più di 220 persone hanno perso la vita a causa di episodi legati alla caccia, a cui si aggiungono centinaia di feriti.

Questi numeri drammatici evidenziano un problema che va ben oltre la protezione della fauna: riguarda la sicurezza delle nostre comunità.

Qui è possibile documentarsi sulle Vittime della Caccia in tempo reale: bollettino – clicca qui.

In un Piemonte che lotta per preservare il suo ambiente naturale, il supporto politico alla caccia appare sempre più come una scelta anacronistica e irresponsabile.

In un momento storico in cui servirebbero azioni coraggiose per proteggere la natura e invertire il declino degli ecosistemi, la caccia rappresenta un passo indietro.

I politici locali hanno il dovere di prendersi carico di questa sfida, mettendo la tutela della natura, della fauna selvatica e della sicurezza delle persone al centro delle loro priorità.

È tempo di riflettere su cosa vogliamo lasciare in eredità alle generazioni future: una natura viva e vibrante o un ambiente devastato da scelte miopi?

La popolazione piemontese tutta, umana ed animale, necessita, ma soprattutto, MERITA amministratori più attenti alla conservazione della natura, piuttosto che al sostegno di una minoranza di cacciatori!

Più di sette italiani su dieci non vogliono la caccia

Una maggioranza schiacciante!

Il dato è chiaro e inequivocabile: secondo recenti sondaggi condotti da istituti di ricerca indipendenti, più del 70% degli italiani si dichiara contrario alla caccia.

Questo sentimento si riflette non solo nella crescente sensibilità verso i diritti degli animali, ma anche nella percezione diffusa della caccia come una pratica anacronistica, distante dalle necessità attuali di tutela ambientale e benessere animale.

La maggioranza dei cittadini ritiene che il controllo della fauna selvatica dovrebbe avvenire attraverso metodi non cruenti, come la sterilizzazione, la gestione degli habitat naturali e il monitoraggio scientifico, piuttosto che attraverso abbattimenti indiscriminati.

Questo rifiuto della caccia non è solo una questione etica, ma anche un tema di sicurezza pubblica. Sono circa 400.000 i cacciatori italiani che ogni anno, oltre ad uccidere milioni di animali, esercitano l’attività venatoria in prossimità di centri abitati e in aree sempre più estese.

Questo ha sollevato preoccupazioni crescenti tra i cittadini, che temono per la propria incolumità e per quella degli animali domestici.

La caccia è vista come una minaccia non necessaria, che potrebbe essere sostituita da soluzioni alternative più moderne e rispettose della biodiversità.

Il divario tra la volontà popolare e le attuali normative dimostra la necessità di una riforma immediata e incisiva.

La politica, troppo spesso condizionata dalle lobby venatorie, non sembra ancora pronta a recepire l’appello della stragrande maggioranza degli italiani, lasciando irrisolti i conflitti tra interessi particolari e il bene collettivo.

Tuttavia, il crescente supporto a movimenti e partiti ambientalisti e animalisti rappresenta un segnale forte e incoraggiante: il cambiamento non è solo possibile, ma inevitabile!

Una fotografia dell’attuale situazione normativa italiana

L’attuale situazione normativa in Italia sulla caccia presenta una cornice legislativa complessa e, per certi versi, contraddittoria.

La Legge di Bilancio 2023, ha modificato la LEGGE 11 febbraio 1992 n. 157 – Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio, ampliando la possibilità di abbattimenti anche in aree protette e durante periodi dell’anno precedentemente vietati, previa autorizzazione delle regioni.

Queste disposizioni hanno sollevato forti critiche da parte di associazioni ambientaliste e animaliste, che denunciano il rischio di una deregulation in grado di mettere in serio pericolo la biodiversità e il benessere animale.

A rendere il quadro ancora più controverso, sono stati degli emendamenti proposti dalla Lega nel 2024, ribattezzati “spara-tutto”, che avrebbero ulteriormente liberalizzato l’attività venatoria, consentendo la caccia su tutto il territorio, in qualsiasi periodo dell’anno e ampliando il numero di specie cacciabili.

Tuttavia, il governo ha respinto queste proposte, su pressione di associazioni, forze politiche e della società civile, sottolineando la necessità di tutelare l’ecosistema e le aree protette.

Nonostante questa vittoria parziale, le norme già introdotte dalla Legge di Bilancio 2023 restano in vigore, aprendo comunque la strada a interventi più invasivi.

Questa situazione normativa si intreccia con le competenze della Città Metropolitana di Torino, che ha facoltà regolamentari in materia di caccia e pesca.

Questi poteri offrono un’opportunità unica per agire localmente al fine di limitare il più possibile l’attività venatoria, ridurre l’impatto ambientale e dare sollievo alla fauna selvatica.

Il divieto totale di caccia rimane, a oggi, un obiettivo da perseguire attraverso una mobilitazione politica e normativa su scala locale e nazionale.

Tolstoj e la condanna alla caccia: un ritorno alla saggezza

Lev Tolstoj, nel suo scritto Contro la caccia, parlava della crudeltà di questa pratica e della sua inutilità per l’uomo moderno.

Secondo Tolstoj, la caccia è un retaggio primitivo che non trova giustificazione nell’epoca contemporanea.

Egli scrive: “La caccia non è altro che un’inutile crudeltà verso gli animali e una violenza che ci allontana dalla nostra essenza umana più profonda“.

Queste parole risuonano come un monito per la nostra società, invitandoci a riflettere sul nostro rapporto con la natura e con gli esseri viventi che la popolano.

La Caccia: sport o crudeltà?

La caccia, oggi, viene spesso difesa come un “sport” o un “controllo della fauna”, ma dietro queste giustificazioni si cela una realtà di sofferenza.

Gli animali uccisi per puro divertimento, spesso lasciati agonizzare, non sono semplicemente numeri, ma esseri senzienti capaci di soffrire.

Tolstoj descrive la caccia come “un suicidio morale“, un atto che porta l’uomo a spegnere ogni sentimento di pietà e compassione, preferendo la violenza all’amore per la vita.

Le immagini degli animali feriti e morenti, come quelle da lui descritte, sono un richiamo doloroso alla necessità di un cambiamento.

Il ruolo della politica e la necessità di un cambiamento

Più volte, in questo articolo, lo abbiamo ripetuto: è fondamentale che i politici locali e nazionali si facciano carico di questo problema.

Devono accettare di poter perdere il supporto di una piccola minoranza di cacciatori per garantire il benessere collettivo, la sicurezza pubblica, la tutela della biodiversità e la protezione ambientale.

La gestione delle risorse naturali non può più basarsi su logiche di sfruttamento intensivo, ma deve considerare il futuro del territorio e delle generazioni a venire.

Un cambiamento in questa direzione richiede coraggio e visione d’insieme, qualità che oggi devono, necessariamente, appartenere ai rappresentanti politici che siedono o aspirano a sedersi nelle amministrazioni pubbliche, sia locali che nazionali.

Il punto sul programma del Partito Animalista di Torino

Un segnale forte arriva dal Partito Animalista Italiano di Torino, che decide di inserire al punto 2. del proprio programma il divieto di caccia nel territorio metropolitano di Torino, o, nei limiti delle competenze in materia di regolamentazione dell’attività venatoria della Città Metropolitana di Torino, massima limitazione del territorio e del periodo venatorio.

Il divieto di caccia si collega al punto del programma (qui il link) sulla sicurezza pubblica nel territorio della città metropolitana.

L’appello ai giovani: una generazione che può fare la differenza

Come Tolstoj scriveva nelle sue riflessioni contro la caccia, è fondamentale che i giovani comprendano il valore della compassione e della protezione degli esseri viventi.

Solo una coscienza collettiva e una generazione motivata possono far cessare queste pratiche violente, come la caccia sportiva.

Il loro coinvolgimento è essenziale per garantire un futuro in cui la natura venga rispettata e tutelata, e in cui la vita di ogni essere senziente abbia il valore che merita.

Giovani e cittadini consapevoli possono spingere i governanti a prendere decisioni che riflettano il rispetto per l’ambiente e per tutte le forme di vita. Possono votare e mandare un messaggio chiaro!

Un esempio lungimirante potrebbe arrivare proprio dalla sensibilità dei giovani e dei cittadini torinesi. Torino, e il suo territorio metropolitano, possono invertire la rotta, e diventare laboratorio di politiche sostenibili che proteggano seriamente la fauna selvatica.

L’appello è rivolto a chiunque abbia a cuore la bellezza del nostro Pianeta e dei suoi abitanti: è tempo di cambiare, di chiedere ai nostri rappresentanti azioni concrete per il bene comune. La voce della natura non può essere ignorata.

In questo contesto, il riferimento all’articolo 9 della Costituzione Italiana, che tutela l’ambiente, gli animali e la biodiversità, assume un significato ancora più profondo.

Non è sufficiente che queste parole restino sulla carta: devono diventare una guida per la tutela di tutti.

Un futuro senza caccia è possibile

La sfida più grande è trasformare una cultura basata sulla violenza contro gli animali in un modello di convivenza armoniosa tra uomo e natura.  Più del 70% degli italiani ha parlato: non vuole la caccia!

Torino e il Piemonte devono essere i primi a rispondere a questa richiesta con determinazione e visione.

Ora più che mai, è necessario che i politici locali si facciano carico di questa sfida di civiltà. La città metropolitana di Torino ha le competenze normative per dare il buon esempio, il resto del Piemonte la seguirà.

Serve il CORAGGIO POLITICO di intraprendere un percorso che renda il nostro territorio un faro per tutta l’Italia, dimostrando che un futuro senza caccia non è solo possibile, ma è anche indispensabile per il progresso etico, ambientale e sociale della nostra comunità!

“Prendi posizione. La neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima. Il silenzio incoraggia sempre il torturatore, non il torturato.” cit. Elie Wiesel

Il programma del nuovo Partito Animalista Italiano di Torino: il ritorno di un movimento politico necessario.

Torino è pronta a una nuova era di attenzione e tutela verso l’ambiente e gli animali. Con il ritorno del Partito Animalista Italiano (PAI) sulla scena politica torinese, prende vita un movimento che mira a un cambiamento profondo, guidato da una visione che abbraccia sia il benessere degli animali sia la salvaguardia del nostro ambiente.

In un contesto in cui la crisi climatica e i diritti animali sono diventati temi cruciali, il PAI si impegna a dare voce a coloro che per troppo tempo sono rimasti inascoltati: gli animali e gli attivisti che combattono per un mondo migliore.

Un programma nazionale ambizioso: il Partito Animalista Italiano all’avanguardia

Il programma del Partito Animalista Italiano (PAI) è un progetto ambizioso e unico, ricco di iniziative pensate per rivoluzionare il panorama politico nazionale e locale in tema di ambiente, diritti degli animali e sostenibilità.

L’obiettivo è quello di rivoluzionare profondamente l’approccio alla questione ambientalista ed animalista, facendo emergere un modello più etico e consapevole, a misura d’istituzione locale. L’idea è di rendere ogni città italiana, Torino in particolare, un esempio virtuoso per il resto del Paese.

A livello nazionale, il PAI promuove misure mirate a proteggere tutti gli animali, domestici e da reddito, affrontando tematiche spesso ignorate o trattare superficialmente da altre realtà politiche, come il reale benessere degli animali, il divieto di pratiche cruente come la caccia e la vivisezione, e la cessazione dello sfruttamento dei esseri viventi senzienti in circhi e zoo.

Inoltre, il partito spinge per la conversione graduale verso un’agricoltura sostenibile e una riduzione significativa del consumo di carne, accompagnata dalla promozione di un’alimentazione a base vegetale nelle strutture pubbliche e nelle scuole.

Il programma nazionale del PAI include anche proposte per una gestione più responsabile delle risorse naturali, per combattere il cambiamento climatico e per incentivare l’utilizzo di energie rinnovabili. In questa visione, la transizione ecologica non è solo una necessità, ma un’opportunità per creare una società più equa e rispettosa di ogni forma di vita.

Per approfondire tutte le iniziative e scoprire i dettagli dell’agenda politica nazionale del PAI, è possibile consultare il programma completo qui!

Un Programma per Torino: tre grandi temi e otto punti di forza

Il Partito Animalista Italiano (PAI) porta a Torino una serie di proposte ambiziose, orientate alla sostenibilità e al rispetto per ogni forma di vita, con l’obiettivo di trasformare la città in un modello di giustizia sociale e ambientale.

I punti del programma sono suddivisi in tre importanti tematiche: benessere animale, aria pulita e trasporti sostenibili, sicurezza pubblica e giustizia sociale.

Nelle prossime settimane verrà pubblicata, sempre sul blog elezioni Torino la piattaforma programmatica, che entrerà nel dettaglio dei temi e promuoverà il confronto con i cittadini.

Ci troviamo di fronte ad un’agenda politica concreta ed organica, che mira a coinvolgere tutti e a migliorare la qualità della vita nella nostra città.

Il PROGRAMMA DEL PAI TORINESE

Benessere animale:

1. Protezione e benessere animale

Implementazione e aggiornamento delle normative comunali per garantire una protezione efficace agli animali e prevenire ogni forma di maltrattamento.

Ad esempio, verrà vietato l’accattonaggio con animali di qualsiasi specie e qualsiasi età, eliminando così il limite salvifico dell’età superiore ai 180 giorni. Saranno introdotte sanzioni più severe per chi viola il benessere animale.

Fondamentale sarà il rafforzamento dei controlli in collaborazione con la polizia locale, l’ASL e le guardie ecozoofile. 

Saranno promosse iniziative per sensibilizzare i cittadini a sostenere e unirsi alle organizzazioni animaliste e ambientaliste che svolgono funzioni di controllo.

Inoltre, si lavorerà per migliorare le condizioni operative delle guardie ecozoofile e delle associazioni impegnate nella difesa del territorio, garantendo loro un maggiore supporto logistico e fondi dedicati per ampliare e facilitare le loro attività.

Parallelamente, verranno incentivati programmi di adozione, accompagnati da campagne educative mirate a sensibilizzare la cittadinanza sull’importanza di una cura responsabile e rispettosa degli animali.

  • Stop ai Circhi con animali vivi su tutto il territorio della metropoli. Promozione di forme di spettacolo rispettose degli animali e dell’ambiente.
  • Graduale riduzione degli allevamenti intensivi sul territorio metropolitano, con incentivi per aziende che adottano pratiche cruelty-free e rispettose dell’ambiente, del benessere animale e della qualità dell’aria che respiriamo.

 

2. Divieto di caccia – Tutela degli animali selvatici e controllo del territorio. Peste suina africana (PSA).

Divieto di caccia nel territorio metropolitano di Torino, o, nei limiti delle competenze in materia di regolamentazione dell’attività venatoria della Città Metropolitana di Torino, massima limitazione del territorio e del periodo di caccia.

Il divieto di caccia si collega al punto del programma sulla sicurezza pubblica nel territorio della città metropolitana. La caccia, ormai esercitata anche presso le aree urbane, ha fatto più di 220 morti negli ultimi 10 anni, senza contare i feriti.

Creazione di un numero sempre maggiore aree protette dove gli animali selvatici possano vivere senza minacce e in armonia con il loro habitat naturale. Saranno implementati sistemi di gestione con censimenti periodici per monitorare le popolazioni animali e garantire un controllo efficace della fauna selvatica.

Particolare attenzione sarà dedicata alla gestione della popolazione dei cinghiali, attraverso metodi non violenti che includano l’installazione di recinzioni moderne e controllate, e protocolli sanitari rigorosi per prevenire e contenere emergenze come la peste suina africana.

Verranno potenziati i servizi veterinari specializzati e istituiti protocolli di intervento rapido per il recupero dell’animale deceduto e la cura di quelli feriti o in difficoltà, con un approccio etico e rispettoso dell’ecosistema.

La riduzione degli allevamenti intensivi sul territorio metropolitano sarà integrata in questa strategia, affrontando le cause profonde dell’insostenibilità del sistema e contribuendo a un miglioramento della salute pubblica e ambientale.

 

Aria pulita e trasporti sostenibili:

3. Alimentazione sostenibile e riduzione degli allevamenti intensivi sul territorio metropolitano.

Promozione di menù plant-based nelle mense scolastiche e comunali per offrire alternative cruelty-free e sostenibili. Campagne di sensibilizzazione per educare studenti e cittadini sull’importanza di scelte alimentari consapevoli, sane e rispettose dell’ambiente. Lotta contro l’apartheid alimentare, garantendo accesso a opzioni sane e sostenibili nelle zone svantaggiate del territorio torinese.

Graduale riduzione degli allevamenti intensivi sul territorio metropolitano, con incentivi per aziende che adottano pratiche cruelty-free e rispettose dell’ambiente, del benessere animale e della qualità dell’aria che respiriamo.

La riduzione di questi sistemi d’allevamento insostenibili è necessaria, oltre che per motivi etici ed ambientali, anche per arginare l’impatto sul territorio di malattie animali epidemiche, come la peste suina africana.

 

4. Trasporti e mobilità sostenibile

In un’ottica di sostenibilità, di riduzione dell’inquinamento cittadino e di decongestione del traffico veicolare, potenziamento del trasporto pubblico su gomme ed elettrico, ampliando la rete di autobus e tram a basse emissioni e promuovendo un sistema di car sharing accessibile.

Diminuzione immediata del costo dei biglietti e degli abbonamenti al trasporto pubblico cittadino, urbano ed extraurbano.

 

5. Sostenibilità ambientale, degrado urbano e gestione dei rifiuti

Lotta all’inquinamento atmosferico e acustico attraverso nuove regole per la limitazione del traffico veicolare, (soprattutto dei mezzi particolarmente inquinanti), il potenziamento delle aree verdi, la piantumazione di alberi e vegetazione autoctona per migliorare la qualità dell’aria e il paesaggio cittadino.

Lotta al degrado urbano con riqualificazione delle aree pubbliche delle zone più periferiche e abbandonate, trasformandole in spazi verdi, sicuri e fruibili per la comunità, favorendo l’integrazione sociale e migliorando la qualità della vita dei cittadini.

Gestione dei rifiuti con particolare attenzione al miglioramento della raccolta differenziata e ai servizi di pulizia delle strade pubbliche.

 

Sicurezza pubblica e giustizia sociale:

6. Sicurezza pubblica e integrazione sociale

Aumentare la presenza delle forze dell’ordine e della polizia locale nelle aree più sensibili della città, per garantire la sicurezza dei cittadini, rafforzando i controlli nelle aree verdi e parchi pubblici.

Polizia di quartiere: introduzione di unità di polizia dedicate ai singoli quartieri, con un focus particolare sulle aree periferiche.

Divieto di caccia nel territorio metropolitano al fine di garantire la sicurezza pubblica.

Promuovere l’integrazione sociale con servizi di assistenza per le famiglie, spazi di aggregazione per i giovani e iniziative culturali che favoriscano la coesione e il rispetto reciproco tra i residenti, creando comunità più sicure e inclusive.

Lotta all’apartheid alimentare, garantendo accesso a opzioni sane e sostenibili nelle zone svantaggiate del territorio torinese.

 

7. Educazione e consapevolezza sociale

Creazione di percorsi educativi per diffondere la consapevolezza ambientale e il rispetto per tutte le specie, con incontri e progetti a tema animale e ambientale nelle scuole e nelle università.

Saranno attivati programmi di adozione a distanza per animali in rifugi e santuari, consentendo ai cittadini di sostenere economicamente animali salvati e avvicinandoli a una cultura di empatia e responsabilità verso tutti gli esseri viventi.

 

 

8. Sperimentazione di un reddito di cittadinanza comunale. Super assessorato alle politiche sociali e ambientali. Bonus animali.

Il PAI propone anche di sperimentare un reddito di cittadinanza comunale per supportare i cittadini in condizioni di povertà assoluta certificata.

Iniziative simili sono già state attuate in altre città europee, come Barcellona e Utrecht, con l’obiettivo di offrire una rete di sicurezza per le fasce più deboli della popolazione.

Secondo l’ultimo rapporto della Caritas, a Torino ci sono circa 27.000 persone che vivono in povertà assoluta, una situazione che richiede interventi immediati e concreti. Il PAI crede fermamente che un piano di supporto economico, abbinato a misure di inclusione attiva, possa contribuire a migliorare le condizioni di vita di molti torinesi.

E’ prevista la creazione di un super assessorato dedicato esclusivamente alle politiche sociali e ambientali. Quest’ultimo avrà il compito di gestire la sperimentazione del reddito di cittadinanza comunale e coordinare tutte le iniziative di supporto per chi si trova in condizioni di disagio economico e sociale.

È previsto inoltre un supporto economico, sotto forma di bonus, per le famiglie in difficoltà che abbiano animali a carico, assicurando che ogni animale abbia accesso a cure e a una vita dignitosa.

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Questi sono i temi e i punti che il Partito Animalista Italiano propone per Torino.

Nelle prossime settimane, sempre su questo blog, il PAI torinese, oltre a lanciare una piattaforma programmatica, dove i cittadini potranno approfondire ciascun punto dell’agenda politica, conoscerne i dettagli e dare il proprio contributo con proposte e commenti, pubblicherà un articolo dove approfondirà il tema delle coperture economiche e finanziarie a sostegno del programma.

Un Partito che collabora: Il PAI e le associazioni del territorio

Il Partito Animalista Italiano non vuole lavorare da solo. A Torino, il PAI collaborerà attivamente con associazioni e movimenti che condividono la stessa visione per il benessere animale e la tutela ambientale. Questo approccio collaborativo è essenziale per ampliare l’impatto delle iniziative del PAI e creare una rete solida e unificata di sostegno per la causa animalista e ambientalista.

Programmi di educazione e consapevolezza

Tra i punti fondamentali del PAI spiccano i programmi di educazione e sensibilizzazione. L’obiettivo è aumentare la consapevolezza sul benessere animale e promuovere una cultura di empatia e responsabilità.

La formazione partirà dalle scuole, per educare i più giovani al rispetto per tutte le forme di vita. Il PAI mira a organizzare eventi nelle scuole e università, promuovendo un contatto diretto tra i cittadini e le tematiche animaliste.

Il nuovo coordinatore del PAI torinese

La guida del PAI a Torino è affidata a Raul Camarda, un torinese d’adozione con un forte impegno per la causa ambientalista e animalista. Con una laurea in giurisprudenza e un background nel settore della comunicazione, Raul ha deciso di mettere la sua esperienza al servizio della politica locale, credendo fermamente nella necessità di fare politica per portare il messaggio ambientalista e animalista nelle istituzioni. Sotto la sua guida, il PAI Torino lavorerà per cambiare le cose e costruire un futuro sostenibile per la città.

Ogni passo verso un futuro più etico e sostenibile è un atto di amore e responsabilità, non solo verso gli esseri viventi più vulnerabili, ma anche verso noi stessi e le generazioni future. Che domani non dicano, voi sapevate e non avete fatto nulla”.

Una dichiarazione che, secondo Raul, sintetizza il bisogno urgente di mettere da parte la bagarre politica, unire le associazioni animaliste ed ambientaliste del territorio torinese e concentrarsi su ciò che conta veramente: pianificare il futuro, mettendo al centro il benessere di tutti, animali non umani compresi.

Il futuro della politica a Torino: un nuovo approccio

Il PAI punta a una politica innovativa, che vada oltre le ideologie tradizionali e si concentri sul benessere della comunità e dell’ambiente. Torino ha l’opportunità di diventare un modello di sostenibilità e di rispetto per gli animali, e il PAI è determinato a realizzare questa visione.

Unisciti al cambiamento – ISCRIVITI AL PARTITO ANIMALISTA. Chiunque voglia unirsi al Partito Animalista Italiano può iscriversi a questo link: TESSARAMENTO PAI 2025

Per maggiori informazioni è possibile contattare Raul Camarda:

  • Telefono: 0039 – 3272492764
  • Email: info.painorditalia@gmail.com
  • Pagina facebook PAI Torino: clicca qui

Mal’Aria in città: il processo contro gli ex sindaci di Torino. Chi è il vero colpevole dell’inquinamento atmosferico?

Torino, una città iconica e moderna, simbolo del progresso industriale italiano, si trova oggi al centro di una battaglia contro uno dei problemi più devastanti del nostro tempo: l’inquinamento atmosferico.

Nel 2024, un processo clamoroso ha coinvolto tre ex sindaci della città – Piero Fassino, Sergio Chiamparino e Chiara Appendino – accusati di non aver fatto abbastanza per combattere lo smog che soffoca Torino.

Le accuse, mosse dalla magistratura, puntavano il dito contro anni di immobilismo delle amministrazioni cittadine, che secondo i querelanti non avrebbero adottato misure adeguate per contrastare l’inquinamento, contribuendo così a danni irreparabili alla salute dei cittadini.

Il processo ha avuto una risonanza mediatica straordinaria, e le aspettative erano alte. Tuttavia, il 4 luglio 2024, la sentenza ha sollevato gli ex sindaci da ogni responsabilità, prosciogliendoli dalle accuse.

La decisione del tribunale ha fatto discutere: da una parte, molti hanno espresso sollievo per la conclusione del caso, mentre altri hanno sottolineato che la sentenza non affronta il vero problema: un sistema malato che da decenni permette alle città di intossicare i propri abitanti con l’inquinamento atmosferico.

IL VERO COLPEVOLE

Il punto cruciale è che, pur se ci si concentra sulle responsabilità personali dei singoli politici, il vero colpevole è un sistema industriale e produttivo che produce inquinamento a livelli insostenibili.

Torino, come molte altre città italiane ed europee, è vittima di un modello di sviluppo che privilegia il profitto a breve termine rispetto alla salute e alla sostenibilità ambientale.

Il fallimento di questi sindaci è stato quello di non opporsi con la dovuta forza a questo modello, rimanendo immobili di fronte a un problema che peggiora giorno dopo giorno.

L’inquinamento atmosferico a Torino non è una questione recente. Già nel 2019, il capoluogo piemontese risultava tra le città più inquinate d’Italia e d’Europa.

L’accumulo di polveri sottili (PM10 e PM2.5) e di ossidi di azoto nell’aria ha raggiunto livelli preoccupanti, con superamenti costanti dei limiti stabiliti dall’Unione Europea.

Nonostante le critiche e i tentativi di adottare misure di limitazione del traffico, le amministrazioni locali si sono trovate spesso in difficoltà a bilanciare le esigenze economiche e industriali con la necessità di ridurre l’inquinamento.

Ma le parole, purtroppo, non bastano.

Per chi vive e respira l’aria di Torino, la situazione è quotidianamente palpabile. Non si tratta solo di una serie di numeri e statistiche astratte, ma di una sensazione tangibile che ognuno di noi prova la mattina appena esce di casa.

L’aria, densa e grigia, avvolge i polmoni con un odore metallico e sgradevole. Ogni respiro sembra un affronto al corpo: l’aria ci brucia le narici, irrita la gola e ci lascia una sensazione di pesantezza.

In pochi minuti, lo smog si insinua dentro di noi, lasciandoci spossati e con la testa pesante.

L’inquinamento a Torino e nella Pianura Padana: una questione di sopravvivenza

Torino si trova nel cuore della Pianura Padana, una delle aree più inquinate d’Europa. La conformazione geografica della “valle”, unita all’intensa attività industriale, agricola e alla densità del traffico veicolare, crea una “trappola” per le polveri sottili e altri inquinanti.

Questi si accumulano in grandi quantità, specialmente durante l’inverno, quando l’assenza di venti significativi impedisce all’aria di circolare e disperdere le sostanze nocive.

Le statistiche sono drammatiche. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’inquinamento atmosferico è responsabile di circa 7 milioni di morti premature all’anno nel mondo.

A Torino, ogni anno si registrano nuovi casi di malattie legate all’esposizione prolungata all’inquinamento dell’aria, soprattutto tra i bambini, gli anziani e le persone fragili.

Uno studio condotto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente ha rivelato che i livelli di PM2.5 e PM10 a Torino superano regolarmente i limiti di sicurezza.

Queste particelle sono così minuscole che riescono a penetrare profondamente nei polmoni, causando una serie di gravi patologie.

Gli effetti dell’inquinamento sull’organismo umano sono molteplici e devastanti: dalle malattie respiratorie come l’asma e la bronchite cronica, ai tumori polmonari, fino a problemi cardiaci come l’infarto e l’ictus .

Ma non è tutto. L’inquinamento dell’aria può influire anche su aspetti più “quotidiani” della nostra vita, come la qualità del sonno e persino la libido.

Studi recenti hanno dimostrato che l’esposizione costante a livelli elevati di inquinanti atmosferici può portare a una riduzione della fertilità e del desiderio sessuale, con un impatto negativo sulla salute sessuale sia degli uomini che delle donne.

Non solo: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e altri enti come l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), l’esposizione prolungata ad ossidi di azoto (NOx), emessi principalmente dai veicoli diesel, nelle aree urbane con alta densità di traffico, può causare danni al sistema respiratorio, soprattutto quello dei bambini, compromettendo il loro sviluppo polmonare.

Una ricerca condotta dall’Università di Stanford ha evidenziato come i bambini esposti a inquinanti atmosferici durante i primi anni di vita sviluppino una capacità polmonare ridotta rispetto ai coetanei che vivono in aree con aria più pulita.

A Torino, dove i livelli di ossidi di azoto sono tra i più alti d’Italia, questo è un dato allarmante che deve far riflettere.

Eppure, nonostante tutto questo, ci si continua a illudere che costruire nuove strade, aumentare la capacità industriale o favorire un traffico sempre più intenso siano simboli di progresso.

Ma che tipo di progresso è quello che avvelena i nostri polmoni e riduce la qualità della vita dei nostri figli? Questo non è progresso, è una marcia lenta verso la catastrofe.

Aria pulita: le proposte del Partito Animalista di Torino

La situazione a Torino è grave, ma non irreversibile. Altri paesi e città in tutto il mondo hanno già intrapreso iniziative coraggiose per ridurre l’inquinamento atmosferico, e Torino può imparare da questi esempi.

Ecco alcune soluzioni pratiche e realistiche, provenienti dall’agenda politica del Partito Animalista torinese, che la nostra città potrebbe adottare per migliorare la qualità dell’aria e proteggere la salute dei suoi cittadini:

– Migliorare il trasporto pubblico e promuovere la mobilità sostenibile
Città come Copenaghen e Amsterdam hanno dimostrato che investire in infrastrutture per biciclette e mezzi di trasporto pubblico elettrico è una delle strategie più efficaci per ridurre l’inquinamento atmosferico.

Torino deve seguire l’esempio, ampliando la rete di piste ciclabili, incentivando l’uso di veicoli elettrici e ibridi e migliorando la frequenza e l’affidabilità del trasporto pubblico, riducendo il costo dei biglietti e degli abbonamenti.

Ridurre il traffico privato nelle zone centrali della città potrebbe portare a una significativa riduzione dei livelli di PM10 e NOx.

– ZTL più estese e rigide per i veicoli inquinanti
Londra ha introdotto la Ultra Low Emission Zone (ULEZ), un’area in cui solo i veicoli a basse emissioni possono circolare, con pesanti multe per chi viola le regole.

Anche Torino potrebbe adottare un sistema simile, estendendo le zone a traffico limitato (ZTL) e introducendo restrizioni più severe per i veicoli più inquinanti. Questo non solo migliorerebbe la qualità dell’aria, ma incoraggerebbe anche un cambio di abitudini nei cittadini.

– Potenziamento delle aree verdi urbane
Le aree verdi sono i polmoni delle città. Aumentare il numero di parchi, giardini e alberi in città può contribuire a ridurre le polveri sottili e migliorare la qualità dell’aria .

Torino ha bisogno di investire nella creazione e nella manutenzione di aree verdi urbane, con programmi di riforestazione urbana che coinvolgano anche i cittadini.

– Riduzione degli allevamenti intensivi
L’industria zootecnica, soprattutto nella Pianura Padana, è una delle principali fonti di emissioni di gas serra, tra cui il metano.

Un maggiore impegno nella promozione di alternative sostenibili come l’agricoltura biologica e la riduzione del consumo di carne può contribuire significativamente alla riduzione dell’inquinamento atmosferico in città.

Le soluzioni per invertire la rotta ci sono, e altre città nel mondo le hanno già applicate con successo. È il momento di agire concretamente, a partire da chi ci governa, con politiche che puntino al miglioramento della qualità dell’aria per il bene delle generazioni future.

È tempo di votare consapevolmente per il nostro futuro

Non possiamo più permetterci di ignorare il problema. Ogni giorno, quando respiriamo l’aria inquinata che ci circonda, stiamo compromettendo la nostra salute e quella dei nostri figli.

L’inquinamento atmosferico a Torino non è un problema che può essere risolto con soluzioni temporanee o parziali: serve un cambiamento sistemico, serve il coraggio di mettere al centro del dibattito politico la salute dei cittadini e l’ambiente.

Le soluzioni per combattere l’inquinamento esistono, e molti esempi nel mondo dimostrano che è possibile invertire la rotta. Tuttavia, senza una volontà politica chiara e determinata, queste soluzioni rimarranno solo progetti su carta.

La nostra città ha bisogno di leader capaci di guardare al futuro con responsabilità, leader che mettano le politiche ambientali al centro del proprio programma, consapevoli che un ambiente pulito è essenziale per il benessere della collettività.

È il momento di chiedere che chi si candida a governare Torino metta al primo posto la lotta all’inquinamento, adottando misure concrete e durature.

#Votare per politici che abbiano davvero a cuore l’ambiente, che siano pronti a investire in trasporti sostenibili, nell’espansione delle aree verdi e nella riduzione del traffico significa garantire un futuro migliore per noi e per le generazioni future.

La qualità dell’aria che respiriamo deve diventare una priorità, non un aspetto secondario. Se non facciamo nulla oggi, condanniamo le generazioni future a vivere in una città dove l’aria pulita sarà un lusso riservato a pochi.

Il cambiamento può partire da Torino, ma solo se noi, cittadini, scegliamo di sostenere e votare chi si impegna a fare della sostenibilità la sua missione politica. La nostra salute, la nostra qualità della vita e il futuro dei nostri figli dipendono dalle scelte che facciamo ora.

Votiamo consapevolmente, votiamo per la salute e l’ambiente!

#VOTOCONSAPEVOLE #INQUINAMENTO #TORINO

La fame nel mondo e l’industria della carne: una connessione che può essere spezzata partendo dalla nostra città.

L’industria della carne ha un impatto devastante non solo sull’ambiente, ma anche sulla distribuzione delle risorse alimentari a livello globale.

Il consumo di carne non è solo un problema di benessere animale o di cambiamento climatico: è strettamente legato alla fame nel mondo.

Questo articolo di Animal Equality spiega chiaramente come una quantità enorme di risorse agricole venga destinata alla produzione di mangimi per il bestiame, anziché al nutrimento diretto delle persone.

Si stima che per produrre un chilogrammo di carne bovina siano necessari tra i 7 e i 10 chilogrammi di grano.

Questo squilibrio nell’allocazione delle risorse alimentari ha conseguenze drammatiche: mentre i paesi sviluppati consumano quantità esorbitanti di carne, milioni di persone in altre parti del mondo soffrono di fame e malnutrizione.

Dati sull’impatto dell’industria della carne

Uno degli aspetti più sconvolgenti è proprio la quantità di grano e altre colture destinate all’alimentazione animale.

Le risorse che potrebbero essere utilizzate per sfamare direttamente le persone vengono invece destinate a nutrire animali da allevamento. Questo meccanismo è parte integrante di un ciclo che alimenta le disuguaglianze globali.

Secondo la FAO (Food and Agriculture Organization), il 33% dei cereali prodotti nel mondo viene destinato all’alimentazione del bestiame.

Questo non solo sottrae cibo dalle tavole dei più bisognosi, ma contribuisce anche alla crisi ecologica, poiché l’allevamento intensivo richiede un uso massiccio di risorse idriche e provoca deforestazione e perdita di biodiversità.

Inoltre, le emissioni di gas serra generate dal settore zootecnico rappresentano una delle principali cause del cambiamento climatico, con il metano rilasciato dagli allevamenti intensivi che ha un effetto serra 28 volte più potente del biossido di carbonio.

Ridurre il consumo di carne è una misura fondamentale non solo per proteggere l’ambiente, ma anche per redistribuire meglio le risorse alimentari a livello globale.

La fame nel mondo e il consumo di carne

Attualmente, il Pianeta produce cibo sufficiente per sfamare circa 10 miliardi di persone, ma nonostante ciò, oltre 800 milioni di persone soffrono la fame.

La ragione principale di questa contraddizione risiede nel fatto che gran parte delle risorse agricole viene utilizzata per sostenere l’industria della carne.

Qualche dato. Per 100 grammi di proteine che diamo da mangiare ad un manzo ce ne restituisce 5 utilizzabili, e così via dicendo per maiali, polli, ecc.

Il Worldwatch Institute ha stimato che solo il 10% delle calorie fornite dagli alimenti destinati agli animali da allevamento ritorna sotto forma di carne, latticini o uova, mentre il restante 90% viene “perso” nel processo di crescita degli animali.

Questo squilibrio è particolarmente evidente se consideriamo l’acqua necessaria per produrre carne rispetto a quella necessaria per produrre alimenti vegetali.

Per esempio, produrre 1 kg di carne di manzo richiede circa 15.000 litri di acqua, mentre 1 kg di grano ne richiede solo 1.500 . È evidente che l’attuale sistema alimentare, basato principalmente sulla produzione di carne, non è sostenibile.

L’emotività dietro l’industria della carne

L’industria della carne non è solo una questione di numeri o di impatti ambientali. C’è un profondo aspetto emotivo e morale che riguarda il modo in cui trattiamo gli animali.

Gli animali da allevamento, spesso sottoposti a condizioni crudeli e disumane, vivono in spazi angusti, soffrono di stress e malattie, e vengono macellati in modo crudele. Questa sofferenza non è solo eticamente sbagliata, ma ha anche conseguenze sulla qualità della carne che consumiamo.

Molti studi hanno dimostrato che gli animali allevati in condizioni di stress cronico producono carne di qualità inferiore, con livelli più alti di cortisolo, un ormone dello stress.

Questo significa che, oltre alle questioni morali, vi sono anche implicazioni per la nostra salute.

Un cambiamento necessario: il Piano di Riduzione della Carne

La Danimarca ha preso atto di questa connessione tra l’industria della carne e i problemi globali e ha messo in atto un piano ambizioso per ridurre il consumo di carne a livello nazionale.

Questo piano mira a trasformare il settore agricolo danese in un modello più sostenibile, riducendo la produzione di carne del 25% entro il 2030.

L’obiettivo finale è quello di creare un sistema alimentare che sia più rispettoso dell’ambiente e delle risorse naturali, favorendo al contempo la salute umana e il benessere animale .

Nel piano danese, l’alimentazione a base vegetale gioca un ruolo cruciale. Le autorità incoraggiano il passaggio a diete più sane e sostenibili attraverso incentivi per l’agricoltura biologica e il supporto alla ricerca su alternative proteiche.

Un altro obiettivo è quello di abbattere le emissioni di gas serra e ridurre lo spreco di risorse agricole.

Per saperne di più sul piano danese e la sua visione a lungo termine, leggi il nostro approfondimento sul Piano di riduzione della carne danese.

La variante italiana. Un piano tutto nostro.

Se la Danimarca può implementare un piano di riduzione della carne, perché l’Italia non può fare lo stesso?!

Un piano di riduzione della carne italiano potrebbe includere incentivi per i produttori agricoli che scelgono di dedicarsi all’agricoltura sostenibile, con un forte supporto a cooperative e coltivazioni locali.

Promuovere l’alimentazione a base vegetale nelle scuole, negli ospedali e nelle mense pubbliche sarebbe un passo significativo per ridurre la domanda di carne e incoraggiare scelte alimentari più etiche.

Un piano simile in Italia dovrebbe prevedere:

  1. IVA ridotta sui prodotti vegetali: invertire l’attuale paradosso fiscale, applicando un’IVA più bassa sui prodotti di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale. Questa misura incentiverebbe il consumo di alternative vegetali, rendendole economicamente più accessibili e favorendo una transizione verso un sistema alimentare più sostenibile.
  2. Incentivi fiscali per le aziende agricole biologiche: offrire agevolazioni fiscali e finanziamenti a chi sceglie di produrre alimenti vegetali biologici e sostenibili.
  3. Sovvenzioni per la ricerca: investire nella ricerca di tecnologie innovative per la produzione di carne coltivata in laboratorio e alternative vegetali.
  4. Campagne di sensibilizzazione: educare i cittadini sui benefici di una dieta plant-based non solo per la salute personale, ma anche per l’ambiente.

I vantaggi di un piano di riduzione della carne sono molteplici. Non solo ridurrebbe le emissioni di gas serra, ma alleggerirebbe anche la pressione sulle risorse idriche e agricole.

La dieta mediterranea, quella originale, già famosa per la sua ricchezza in frutta, verdura e cereali, potrebbe diventare il modello alimentare di riferimento, esportando l’immagine di un’Italia che punta alla sostenibilità.

Torino come New York: un modello da seguire

Torino ha l’opportunità di diventare una pioniera in Italia nella lotta contro il cambiamento climatico e l’impatto ambientale dell’industria della carne, prendendo esempio da città come New York.

Nella Grande Mela, iniziative come il Green New Deal e il Plant-Based Food Policy hanno dimostrato come politiche mirate possano trasformare il sistema alimentare locale, rendendolo più sostenibile e orientato alla salute pubblica.

Adottare piani simili significherebbe introdurre pasti plant-based nelle mense scolastiche, ospedaliere e pubbliche di Torino, educando al tempo stesso i cittadini sui benefici ambientali ed etici di una dieta a base vegetale.

Torino come città faro nella promozione di sistemi alimentari sostenibili.

La città potrebbe avviare, in una prima fase, progetti pilota nelle mense comunali, riducendo progressivamente la carne nei menù e coinvolgendo la popolazione attraverso campagne educative che evidenzino i benefici di una dieta plant-based per il benessere animale, l’ambiente e la salute.

Ma per realizzare questa visione, non bastano solo iniziative isolate: servono politiche coraggiose e amministratori visionari che abbiano la determinazione di inaugurare una nuova stagione di cambiamenti strutturali.

Proposte per un futuro più verde

Le scelte individuali hanno un impatto collettivo, ma è attraverso decisioni politiche strategiche che si costruisce un cambiamento duraturo. Torino ha bisogno di leader che mettano al centro delle loro agende politiche il benessere degli esseri viventi e la sostenibilità ambientale.

Altre punti del piano da sviluppare sono:

  • Introduzione di incentivi fiscali per produttori agricoli locali: sostenere le cooperative agricole che producono alimenti biologici e sostenibili, riducendo la dipendenza dai modelli intensivi.
  • Promozione di orti urbani: incentivare ogni quartiere a creare spazi per la coltivazione condivisa, rafforzando la comunità e migliorando la sicurezza alimentare locale.
  • Piani di educazione alimentare su larga scala: campagne che sensibilizzino i cittadini sull’impatto della produzione di carne e sull’importanza di scelte alimentari sostenibili, coinvolgendo scuole, associazioni e aziende.

Il ruolo della politica e il potere del voto

Come detto, questa transizione richiede amministratori coraggiosi che non temano di prendere decisioni impopolari nel breve termine, ma necessarie per costruire un futuro più equo e sostenibile.

Serve una classe politica che comprenda l’urgenza di agire, che scelga di sostenere modelli di produzione etica e di promuovere stili di vita rispettosi dell’ambiente.

Allo stesso tempo, i cittadini hanno un ruolo chiave: contribuire con scelte etiche e sostenibili nella loro quotidianità e, soprattutto, con il proprio voto consapevole.

È cruciale sostenere rappresentanti politici che si impegnino concretamente per il cambiamento, che comprendano l’importanza di trasformare Torino in un esempio nazionale di sostenibilità alimentare.

Un futuro che possiamo costruire insieme

Torino può davvero diventare una città modello, un punto di riferimento per tutte le altre realtà italiane.

Questo non è un sogno irraggiungibile, ma una visione concreta che dipende da scelte lungimiranti e dalla responsabilità condivisa di amministratori e cittadini.

Un futuro più verde, equo e rispettoso della vita animale è possibile, ma solo se troveremo la forza di stare dalla parte giusta!

#AgireOra #VotoConsapevole #Carne

Povertà in città! Luca e Pepe, soluzioni sterili e tre proposte dal partito animalista di Torino.

Vogliamo raccontarvi una storia, la storia di Luca e il suo cagnolino Pepe. Luca vive in uno dei quartieri più difficili di Torino, uno dei quartieri più colpiti dalla povertà. Luca ha 32 anni, un’età in cui dovrebbe essere nel pieno delle forze e delle opportunità, ma la sua realtà è ben diversa.

Luca ha perso il lavoro durante la pandemia e, da allora, non è riuscito a trovare un’occupazione stabile. Attualmente lavora part-time in un supermercato, ma il suo stipendio non basta per vivere dignitosamente.

Ogni mese è una lotta per pagare l’affitto, le bollette e per acquistare CIBO che non sia la solita “SPAZZATURA” in offerta che gli distrugge lo stomaco.

Con Pepe, il suo fedele cagnolino e amico, condivide un piccolo appartamento fatiscente in una palazzina malconcia. Le muffe sui muri e la scarsa ventilazione rendono l’AMBIENTE INSALUBRE, una vera e propria DIVISIONE DI CLASSE abitativa tra ricchi e poveri.

Luca è una persona orgogliosa, ma la sua situazione lo costringe a rivolgersi alla Caritas per un pasto caldo. Ogni giorno Pepe lo accompagna ovunque, il suo unico conforto in un mare di difficoltà.

Immaginate un piccolo cagnolino meticcio, con un pelo soffice e bianco punteggiato da macchie marroni e nere. Pepe ha occhi grandi e marroni, che brillano di dolcezza e intelligenza.

Il suo musetto, sempre curioso, si muove costantemente alla ricerca di nuove avventure, ma è anche capace di trasmettere una calma rassicurante nei momenti di difficoltà.

Pepe non è solo un cane per Luca, è un amico leale e un compagno di vita insostituibile. Quando Luca torna a casa, Pepe lo accoglie con una gioia incontenibile, saltellando sulle zampe posteriori e agitando la coda con un’energia che sembra inesauribile.

La sua presenza riempie la casa di un amore incondizionato, un sentimento che riesce a lenire anche le giornate più dure.

Durante le passeggiate nel quartiere, Pepe cammina fiero accanto a Luca, osservando attentamente ogni cosa, come se volesse proteggere il suo padrone da qualsiasi minaccia.

Nei momenti di sconforto, Pepe si accoccola accanto a Luca, appoggiando delicatamente la testa sulle sue gambe, quasi a dire: “Non preoccuparti, sono qui con te“. Il loro legame è così forte che sembra che riescano a capirsi senza bisogno di parole.

In una vita segnata da difficoltà e incertezze, Pepe rappresenta per Luca una fonte costante di gioia e speranza. Ma la speranza, spesso si scontra con la dura realtà.

Luca si trova a fare scelte difficili: ci sono dei giorni, alla fine del mese, dove deve decidere se nutrire se stesso o Pepe. L’amore per il suo cagnolino è così grande che alle volte rinuncia ad uno dei suoi due pasti giornalieri per assicurarsi che Pepe non soffra la fame.

Questa situazione di precarietà ha portato Luca a compiere piccoli atti di illegalità per sopravvivere, come rubare cibo per Pepe, o ancora, evitare il pagamento dell’affitto per qualche mese.

Azioni disperate dettate dalla necessità, sicuramento non dall’intenzione di fare del male. La sua storia è quella di tanti altri che, per colpa delle circostanze, si trovano a dover scegliere tra la legalità e la sopravvivenza.

Ogni sera, Luca si siede sul divano logoro del suo appartamento e guarda Pepe addormentarsi ai suoi piedi. È in quei momenti che sente il peso della sua situazione.

Si chiede come sia possibile che, in una città come Torino, ci siano ancora persone ed animali costretti a vivere in queste condizioni. La risposta è semplice: la poca attenzione delle istituzioni e una società che spesso non sa o che gira lo sguardo altrove.

Un bollettino da brividi

Cari concittadini, viviamo in tempi difficili, Luca e Pepe lo sanno bene e i dati lo confermano in modo inequivocabile.

Il rapporto Caritas su Torino del 2023 https://www.caritas.torino.it/nstrb/rbstr/report_2023.pdf ci racconta di altre storie di sofferenza, di povertà assoluta e di disperazione crescente.

Ecco i NUMERI che NON possiamo IGNORARE:

  • 27.000 persone a Torino vivono in condizioni di povertà assoluta;
  • il 25% di chi chiede aiuto ha perso il reddito di cittadinanza;
  • il 27% degli assistiti della Caritas sono persone con un lavoro, ma con uno stipendio insufficiente;
  • l’11% in più di persone in povertà rispetto all’anno precedente, con il 53% dei casi al primo accesso;
  • il 47% delle persone assistite nel 2023 erano già conosciute dalla Caritas, con il 65% di questi nuclei in carico da almeno 3 anni;
  • la Caritas ha distribuito 220.000 pasti, 17.000 pacchi alimentari e 12.000 “spese” nel 2023.

Questi numeri parlano di una trappola della disperazione dalla quale è sempre più difficile sfuggire.

Soluzioni sterili

Di fronte a una crisi sociale ed economica di questa portata, le risposte politiche a livello nazionale e locale sono state, purtroppo, scarse e inefficaci.

I contratti collettivi continuano a essere bloccati senza rinnovo, i prezzi dei beni di prima necessità crescono vertiginosamente, e il governo ha scelto di cancellare il reddito di cittadinanza senza offrire valide alternative, come l’introduzione di un salario minimo legale. Questo ha colpito duramente le fasce più deboli della popolazione.

L’abolizione del Reddito di Cittadinanza, nello specifico, ha lasciato milioni di famiglie italiane senza alcuna forma di supporto economico.

Secondo i dati ufficiali, erano oltre 1,2 milioni i nuclei familiari che beneficiavano del Reddito di Cittadinanza nel 2023, molti dei quali composti da persone in difficoltà economica, disoccupati e lavoratori poveri.

La rimozione di questa misura, senza un sostegno alternativo, ha generato una nuova ondata di povertà assoluta, aggravando ulteriormente una crisi già profonda .

Queste politiche governative mancano di un approccio strutturale al problema. L’introduzione di un salario minimo potrebbe garantire che ogni lavoratore percepisca un reddito sufficiente per condurre una vita dignitosa.

Ventidue dei 27 Stati membri dell’Unione europea hanno un salario minimo nazionale. Danimarca, Italia, Austria, Finlandia e Svezia invece non ne hanno.

Chi ha introdotto questa misura ha ottenuto significativi miglioramenti nella qualità della vita per i lavoratori a basso reddito . In Italia, nel frattempo, mentre si decide di non fare nulla, il costo della vita continua a salire e gli stipendi sono fermi da anni.

Le risposte locali: interventi temporanei e insufficienti

A livello locale, si sono fatti dei tentativi per arginare il problema, ma si tratta per lo più di “toppe” temporanee.

Il Fondo Povertà istituito dal Comune di Torino, ad esempio, è stato un segnale positivo, ma i fondi disponibili non sono sufficienti per coprire le crescenti necessità di una popolazione sempre più impoverita.

I dati della Caritas mostrano come la domanda di aiuti alimentari e di sostegno economico sia in continuo aumento, con un incremento dell’11% di richieste rispetto all’anno precedente, ma le risorse stanziate non sono proporzionate all’entità del problema .

Un altro intervento locale è stato il progetto Torino Solidale, nato durante la pandemia per fornire supporto alimentare e sociale alle famiglie in difficoltà.

Inizialmente, questa iniziativa ha mostrato segni di successo, distribuendo pacchi alimentari e pasti caldi a migliaia di persone.

Tuttavia, come evidenziato da diversi studi e dalle stesse associazioni di volontariato, Torino Solidale è stato un palliativo temporaneo, incapace di affrontare le cause strutturali della povertà.

Con la fine dell’emergenza sanitaria, la continuità di queste iniziative è venuta meno, mentre la povertà è rimasta un problema centrale.

Anche le periferie della città, dove Luca e Pepe vivono, soffrono di una cronica mancanza di investimenti in infrastrutture sociali e ambientali.

Le case popolari sono spesso in condizioni di degrado e i quartieri periferici sono quelli più colpiti dall’apartheid alimentare e dall’inquinamento ambientale.

Le risposte politiche non sono state sufficienti per migliorare realmente la qualità della vita dei cittadini interessati.

La mancanza di un approccio strutturale

Le soluzioni proposte finora, sia a livello locale che nazionale, mancano di una visione a lungo termine. La cancellazione del Reddito di Cittadinanza è solo uno dei tanti segnali di una politica che non riesce a comprendere appieno la gravità della situazione.

La povertà non è un fenomeno temporaneo, ma un problema strutturale che richiede interventi altrettanto strutturali.

I tentativi di affrontare la povertà in modo frammentario non solo non risolvono il problema, ma rischiano di creare maggiore dipendenza da interventi di assistenza.

Le persone come Luca e Pepe hanno bisogno di politiche che promuovano inclusione sociale, lavoro dignitoso, accesso a cibo sano e un ambiente salubre. Le soluzioni devono andare oltre il semplice tamponare le emergenze.

Per risolvere davvero questa crisi, è necessario che le politiche economiche, sociali ed ambientali si basino su una visione integrata, che affronti simultaneamente la povertà, le disuguaglianze e l’emergenza ambientale.

Il semplice sostegno economico non è sufficiente; dobbiamo pensare a un sistema di welfare che garantisca a tutti l’accesso a un lavoro dignitoso, un’abitazione decente e risorse fondamentali per vivere, come il cibo e l’aria pulita .

Le soluzioni attuali sono sterili perché non vanno alla radice del problema. Senza un cambiamento radicale nelle politiche sociali ed economiche, continueremo a vedere un aumento della povertà e della disuguaglianza.

Le risposte finora fornite sono insufficienti e lo sappiamo tutti: lo vediamo ogni giorno nelle nostre città, lo leggiamo nei report di istituzioni come la Caritas e lo sperimentiamo nelle difficoltà quotidiane.

Serve un approccio nuovo, coraggioso, che non si limiti a fornire assistenza temporanea ma che lavori per creare una società più equa e giusta. Le politiche devono offrire sostegno a chi ne ha più bisogno e investire nelle risorse necessarie per garantire dignità a ogni cittadino.

La Teoria degli Ultimi

La storia di Luca e Pepe è un esempio concreto di quello che chiamiamo Teoria degli Ultimi.

Questa teoria rappresenta una visione che intreccia principi socialisti, ecologisti ed animalisti, mettendo al centro gli elementi più vulnerabili della nostra società: le persone in condizioni di precarietà economica, l’ambiente e gli animali.

La Teoria degli Ultimi non è solo una riflessione filosofica, ma una guida pratica e politica che ci spinge a compiere scelte coraggiose e radicali per garantire una giustizia sociale, economica e ambientale.

Negli ultimi decenni, abbiamo assistito a un aumento delle disuguaglianze, dove chi ha accesso alle risorse diventa sempre più ricco, mentre chi è ai margini viene lasciato indietro.

La Teoria degli Ultimi si propone di ribaltare questa dinamica, mettendo i più vulnerabili al centro delle politiche pubbliche, umani e non umani.

Dobbiamo agire per combattere l’ingiustizia sociale, l’apartheid alimentare e la crisi ambientale che colpisce in maniera sproporzionata chi è già in difficoltà.

Giustizia sociale ed economica

Il primo pilastro della Teoria degli Ultimi è la giustizia sociale ed economica. In Italia, , secondo l’ISTAT, oltre 5,6 milioni di persone vivono in condizioni di povertà assoluta. La pandemia ha ulteriormente aggravato questa situazione, colpendo duramente le periferie delle grandi città come Torino.

La realtà in cui vive Luca è il riflesso di una società che ha smesso di occuparsi delle fasce più deboli, creando una profonda disuguaglianza. Non possiamo più permettere che ci siano cittadini di serie A e cittadini di serie B.

Combattere le disuguaglianze significa garantire a tutti l’accesso a beni e servizi essenziali: cibo sano, aria pulita, istruzione di qualità e assistenza sanitaria.

La povertà è una condizione che intrappola le persone in un circolo vizioso, dove mancano le risorse per migliorare la propria situazione.

Il salario minimo, per esempio, è una misura che ancora manca in Italia, nonostante le evidenze dimostrino che potrebbe alleviare le difficoltà economiche di milioni di persone. In un mondo giusto, nessuno dovrebbe essere costretto a scegliere tra pagare l’affitto o mangiare.

Sostenibilità ambientale

Il secondo pilastro della Teoria degli Ultimi è la sostenibilità ambientale. Viviamo in un sistema che sfrutta le risorse naturali senza riguardo per le conseguenze a lungo termine.

Secondo l’ONU, i cambiamenti climatici stanno già avendo un impatto devastante sulle comunità più vulnerabili . Chi vive nelle periferie urbane, come Luca, è costretto a convivere con i peggiori effetti dell’inquinamento: aria inquinata, carenza di spazi verdi e degrado degli edifici.

La Pianura Padana, dove si trova Torino, è una delle aree più inquinate d’Europa, con livelli pericolosi di polveri sottili (PM10 e PM2.5) .

Questi inquinanti non solo peggiorano la qualità dell’aria, ma contribuiscono anche a malattie respiratorie e cardiovascolari, colpendo maggiormente le persone già in difficoltà economica.

La sostenibilità ambientale non è solo una questione ecologica, ma una questione di giustizia sociale. Dobbiamo proteggere l’ambiente per proteggere chi è più vulnerabile.

Gli effetti devastanti del cambiamento climatico e dell’inquinamento ricadono principalmente su chi ha meno mezzi per difendersi.

Politiche urbane verdi, come la creazione di un numero sempre maggiori di polmoni cittadini, la promozione di energie rinnovabili, la limitazione del traffico veicolare e la mobilità sostenibile, devono essere priorità assolute per migliorare la qualità della vita nelle nostre città

Lotta all’apartheid alimentare

Un altro aspetto cruciale della Teoria degli Ultimi è la lotta contro l’apartheid alimentare. Questo concetto si riferisce alla disuguaglianza nell’accesso al cibo sano e nutriente, che colpisce soprattutto le fasce più povere della popolazione.

Secondo la FAO, circa 820 milioni di persone nel mondo soffrono la fame, mentre molte altre, pur non essendo affamate, hanno accesso solo a cibo di bassa qualità e dannoso per la salute.

Luca è un esempio perfetto di questa situazione. Nonostante lavori, il suo stipendio non gli permette di acquistare cibo sano e di buona qualità.

Deve accontentarsi di quello che trova in offerta al supermercato (spesso alimenti ultra-processati e ricchi di zuccheri e grassi) o di una cena veloce al fast-food.

Questo tipo di alimentazione, nei prossimi anni, potrebbe creargli dei problemi di salute non indifferente. Questo fenomeno è noto come “apartheid alimentare” e rappresenta una delle sfide più urgenti della nostra epoca.

La soluzione a questo problema deve passare attraverso una riforma del sistema alimentare.

È necessario promuovere l’agricoltura locale e biologica, ridurre la dipendenza dalle multinazionali che producono cibo di scarsa qualità e garantire che tutti abbiano accesso a prodotti sani e sostenibili, indipendentemente dal reddito .

Iniziative come mercati contadini e cooperative alimentari locali possono fare una grande differenza, migliorando la qualità dell’alimentazione nelle comunità più povere.

LE TRE PROPOSTE DEL PARTITO ANIMALISTA DI TORINO

PRIMA GLI ULTIMI. Ecco tre proposte del PAI di Torino, REALI, per affrontare i problemi di cui abbiamo parlato:

1. Reddito di cittadinanza comunale
Sperimentazione di un reddito di cittadinanza comunale per le persone in condizioni di povertà assoluta certificata rappresenta una soluzione concreta per affrontare la povertà nelle grandi città come Torino. Città europee come Barcellona o Utrecht hanno già sperimentato con successo un reddito di base universale garantito per le persone più svantaggiate, riducendo significativamente il tasso di povertà.

2. Super assessorato alle politiche sociali e ambientali
Un secondo passo è la creazione di un assessorato dedicato esclusivamente alle politiche sociali e ambientali. Quest’ultimo avrà il compito di gestire la sperimentazione del reddito di cittadinanza comunale e coordinare tutte le iniziative di supporto per chi si trova in condizioni di disagio economico e sociale.

Il super assessorato si occuperà di coordinare tutte le iniziative di assistenza alle persone in difficoltà, attraverso sportelli dedicati per l’accesso a servizi di base come cibo sano, alloggio, assistenza sanitaria e inserimento lavorativo.

La squadra del super assessore nominato sarà responsabile anche di monitorare l’efficacia delle politiche implementate e di proporre ulteriori interventi per perfezionare il sistema di sostegno e supporto ai più deboli della società. Creare un programma di assistenza dedicato ai poveri assoluti censiti della città di Torino che includa:

  1.  supporto psicologico;
  2. servizi di inserimento lavorativo;
  3.  accesso facilitato ai servizi sanitari;

Questo super assessorato dovrà sviluppare politiche mirate per combattere la povertà, migliorare l’accesso ai servizi sanitari e garantire un ambiente più salubre per tutti. Una struttura centralizzata e specificamente rivolta ai poveri assoluti rappresenterebbe un ampliamento dell’approccio attuale.

3. Politiche attive contro l’apartheid alimentare e il degrado abitativo
È urgente implementare politiche attive per garantire il diritto a una casa dignitosa e l’accesso a cibo sano per tutti. Questo significa non solo costruire nuovi alloggi sociali, ma anche riqualificare quelli esistenti con criteri di sostenibilità ambientale.

Torino potrebbe diventare un modello per altre città, promuovendo la creazione di mercati contadini, cooperative alimentari locali e programmi di educazione alimentare che consentano alle famiglie a basso reddito di acquistare cibo di qualità. Da promuovere subito:

  1. sovvenzioni per le famiglie a basso reddito per l’acquisto di cibo sano;
  2. prevedere la costruzione o la riqualificazione di alloggi sociali con criteri di sostenibilità ambientale;
  3. adottare misure sistemiche per ridurre l’inquinamento nelle aree più colpite della città.

Per leggere tutto il programma del Partito Animalista di Torino, clicca qui!

Non possiamo più permettere che la povertà dilaghi e diventi strutturale. Non possiamo più voltare le spalle agli ultimi. È ora di agire, di mettere in campo SOLUZIONI CONCRETE e di farlo subito.

La politica deve essere al servizio dei cittadini e voi avete il potere di cambiare le cose con il VOSTRO VOTO e la vostra militanza politica. LO DOVETE A VOI STESSI, A LUCA, A PEPE!

#Primagliultimi #TeoriaDegliUltimi

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